La yurta, essendo una fedele riproduzione delle tende dei nomadi mongoli, si smonta e rimonta facilmente e velocemente, non avendo chiodi né colle, ma essendo costituita solo da un gioco di incastri, nodi e corde. Bellissima nella sua «veste» estiva di cotone bianco con una fascia di decori rosso scuro; suggestiva da immaginare con la copertura invernale in feltro colorato, con spessi tappeti di feltro per pavimento...
Il tutto nato dal sogno vecchio di anni di Agnes, artigiana appassionata di feltro che è andata a scoprire i segreti di queste antiche lavorazioni in Mongolia e lì è stata ammaliata dal fascino delle yurte sparse un po' ovunque, a formare piccoli villaggi o isolate in luoghi impervi...
Sogno evidentemente contagioso che ha coinvolto due Marcelli. Marcello il falegname che ha materialmente - e artigianalmente - costruito una struttura portante di incastri nodi e tanta passione (pochi, naturalmente, i fondi a disposizione).
E Marcello Baraghini - direttore artistico da molti anni della Mostra di Sorano - mediatore fra sindaco, Pro loco, Camera di commercio di Grosseto, artigiani in gran quantità e artisti di strada di tutti i tipi, e da sempre a sua volta, «artigiano» del libro e della parola, che questa tenda mongola in piena Maremma ha fortemente voluto.
E proprio Stampa Alternativa, casa editrice di cui Baraghini è da quarant'anni anima, mente, cuore e mani, farà uscire per l'occasione il libro - tradotto dall'inglese - su come costruirsi una yurta da soli (più di una generazione è cresciuta con i manuali più svariati di Stampa Alternativa su come fare di tutto un po', oltre ovviamente su come essere «contro» tutto...).
Intorno alla tenda si muovono anche gli artisti di strada con esibizioni che vanno dalla «musica contadina del terzo millennio» alla musica popolare del sud, alla pizzica e la taranta e, senza dubbio, la musica popolare toscana.
Sugli artigiani, i veri protagonisti e anima della mostra di Sorano, c'è poco da dire: è già storia il fatto che la mostra ospita solamente artigiani veri, quelli che le cose le producono con le loro mani, mettendo in ballo creatività e passione. L'organizzazione ha bandito da anni chi le cose le importa, le cineserie e le produzioni di massa (anche per non creare una concorrenza sleale con gli artigiani e le loro antiche attività).
E questa scelta di «artigianato di qualità» alla lunga è stata vincente: ogni anno cresce il numero sia degli artigiani che chiedono di partecipare - nonostante la fatica di «stare in piazza» una decina di giorni per dodici, tredici ore, senza nessuna certezza di grandi guadagni e anzi con una crisi che si fa sentire ogni anno di più - sia l'affluenza di pubblico.
La tenda mongola che inaugura la mostra di Sorano, una volta chiusa la rassegna, tornerà a essere nomade per offrire un laboratorio itinerante ai bambini delle elementari e medi.
Paola Capitani